Grottaferrata, villaggio urbano dai molteplici cuori
Sembra proprio che la storia voglia nascondersi in questa città: dalle sue origini romane (la villa su cui è stata eretta l’Abbazia di San Nilo apparterebbe a Cicerone) e dagli altri resti sparsi nelle campagne criptensi fino ad arrivare alle architetture moderne di palazzi e villini negli stili più diversi, con interessanti esempi liberty e razionale, inglobati nei molteplici cuori di questo “villaggio urbano”.
La forza di Grottaferrata sta nella sua capacità di “custodire”: nonostante la densificazione del territorio, avvenuta negli ultimi 30 anni, accompagnata da demolizioni e sostituzioni edilizie, i caratteri tipici di questi edifici non sono stati del tutto cancellati (C. Baldoni, R. M. Strollo, I villini del ’900 in Grottaferrata).
La città appare strutturata attraverso nuclei diffusi sul territorio, a mo’ di città giardino, che si dipartono da una micro-matrice storica, perno del successivo sviluppo urbano. La matrice è formata in primo luogo dall’Abbazia di Santa Maria di Grottaferrata, fondata nel 1004 da San Nilo da Rossano la cui chiesa fu terminata circa 20 anni dopo. Elevata a monastero esarchico – abbatia nullius dioecesis cioè abbazia territoriale nel 1937, è retta dalla Congregazione dei monaci basiliani d’Italia. Il secondo elemento originario è la spina edilizia di corso del Popolo, il cui decoro urbano e impianto fognario furono disegnati dall’architetto Agostino Mercandetti nel 1872.
La storia di Grottaferrata, che ruota tutta intorno all’Abbazia, è densa di avvenimenti incalzanti.
Per fronteggiare la situazione di grande fragilità manifestata dall’Abbazia stessa in relazione ai frequenti saccheggi e occupazioni da parte di diversi eserciti (imperiali, napoletani, francesi, per non parlare dei più vicini marinesi), l’abate commendatario Giuliano Della Rovere fa erigere, fra il 1482 e il 1491, il castello e le potenti mura che ancora oggi la circondano: quelle “gialle mura” che Carlo Emilio Gadda ipotizza “affidate” dal Della Rovere al Sangallo, anche se dati stilistici e circostanze storiche fanno pensare a Baccio Pontelli.
Dopo successive alternanze di commendatari, nel 1824 alla morte di Ercole Consalvi, ultimo della serie cardinale commendatario, la commenda venne soppressa. I beni abbaziali furono concessi in enfiteusi perpetua al monastero e la giurisdizione temporale attribuita al governatore di Frascati di cui Grottaferrata divenne appodiato.
Grottaferrata si identifica come primo nucleo urbano composto originariamente dall’antica città di Tuscolo, dall’Abbazia e dalla zona industriale che faceva perno attorno alla cartiera pontificia, sorta nel 1629 sotto l’Abbazia in collegamento con il “Vallone” e con il rivo dell’Acqua Mariana (vedi “Viva voce” n 84. La cartiera pontificia di Grottaferrata).
Nel 1848, con 671 abitanti, diventa Comune dietro accettazione da parte di papa Pio IX dell’istanza presentata dal cardinale Ludovico Altieri (Presidente di Roma e Comarca) e grazie al lavoro di Giovanni Passamonti, che sarà il primo sindaco: l’erezione di Grottaferrata a Comune viene celebrata nella sala principale di Palazzo Santovetti, situato all’inizio di corso del Popolo, una residenza privata in mancanza di locali municipali.
Con la fine dello Stato pontificio, dopo il 1870, Grottaferrata diventa comune del Regno d’Italia.
Nel 1875 la popolazione del territorio criptense arriva già a 1300 persone. Si attivano i primi servizi: un Museo e un Ufficio Postale.
Gli uffici comunali hanno sede all’interno delle mura abbaziali fino al 1886, anno in cui l’abate Arsenio Pellegrini acquista il palazzo costruito dal capitano Pietro Grutter e lo cede al Comune.
Tra il 1904 e il 1907 vengono realizzati i lavori per la Via di Squarciarelli, mentre già era stato avviato il collegamento con Marino dalla parte di Colle Cimino.
Il 20 febbraio 1908 è la volta dell’ inaugurazione della Tramvia dei Castelli Romani, che da Roma arrivava al bivio di Grottaferrata, dove si divideva in due linee dirette rispettivamente a Frascati e a Genzano.
Grazie anche ai servizi telefonici ed elettrici, attivi fin dal 1900 e 1901, il ruolo di Grottaferrata come luogo di villeggiatura dei romani si consolida ed è seguito dalla costruzione di ville e villini liberty e nei più svariati stili da parte della medio-borghesia romana, alcuni di notevole valore architettonico. Gli abitanti arrivano a 5.000 e fino a 12.000 nei mesi estivi.
Già parecchie famiglie romane, desiderose d’aria e di spazio, si sono recate ad abitare in quegli ameni siti; nella stagione estiva parecchi vi si portano a passare mesi sereni lontani dalle leziosaggini cittadine. E nella visione dell’industria del villeggiante piglia piede la speculazione edilizia, la quale viene mettendo su villette civettuole e appartamenti signorili (Buonocore, 1921).
Nel 1921 sorge la fabbrica di ceramiche artistiche dei fratelli Tidei sita a Squarciarelli.
L’exploit di Grottaferrata dura fino al 1940. Il secondo conflitto mondiale seminerà distruzioni nei Castelli Romani.
Oggi, Grottaferrata, a differenza degli altri centri storici dei Castelli Romani, mostra una particolare forma insediativa che vive di piccole isole “urbane”, di case sparse, piccole palazzine, villini e ville: all’edilizia privata si alternano interventi di edilizia residenziale pubblica, facilmente riconoscibili, risalenti a diversi periodi da quella dei primi anni del Novecento a quella degli anni Cinquanta fino a quella più recente.
Una città che non c’è; un sistema insediativo che vive del suo rapporto con Roma, con cui confina (all’altezza delle Catacombe “Ad decimum”) – alla quale ha un facile accesso attraverso la metro Anagnina e l’omonima strada statale – e dove la maggior parte degli abitanti lavora e, sostanzialmente, trascorre la giornata.
Il fine settimana si può stare a casa, ma il centro storico non rappresenta il classico luogo dello struscio, la passeggiata dedicata agli incontri e agli acquisti; è popolato il sabato, in particolare la mattina, ma nulla di più.
Lo stringersi del rapporto con Roma, i cambiamenti derivanti dalla sostanziale residenzializzazione, l’abbandono parziale delle campagne hanno trasformato anche il Corso del Popolo. Le botteghe artigiane sono scomparse, così come le cantine. Ma qualche volta ancora si percepisce l’odore del mosto che si infiltra nelle strade; è il segno che qualche attività continua a resistere.
Grottaferrata è anche un luogo dove l’architettura moderna ha lasciato interessanti tracce identificabili in ville e palazzi cui sopra si è accennato. Per chi non conosce la città, e soprattutto la sua storia, bisogna “scovarle” dentro l’abbraccio urbano che le tiene rinserrate.
Villa Eloisa, il Castagno, ma anche la sottostazione elettrica di Villa Dusmet non sono che un esempio di questa ricchezza. I villini si presentano come una sorta di catalogo, il più vario: le ville spesseggiano ovunque, diverse di mole, di stile, di aspetto e di tinte (Ponti, Passamonti, Storia e storie di Grottaferrata, 1939), proprio in relazione alla variegata immagine dei villeggianti, appartenenti ai ceti dell’imprenditoria, della dirigenza, degli intellettuali e dei commercianti della Capitale, nonché ai diversi architetti cui sono state commissionate (C. Baldoni, R. M. Strollo, op. cit.).
Ma Grottaferrata è stato anche un luogo di attività industriali che si sono sviluppate per quasi tre secoli nel Vallone sotto l’Abbazia. La citata cartiera, che fu chiusa nel 1893, e la ferriera (chiusa nel 1856), della cui esistenza si ritrovano già le tracce in un libro del Filerete, scritto tra il 1460 e il 1464, che probabilmente la visitò nel suo viaggio in Italia (vedi Viva voce n.71).
Ed è ancora attorno all’Abbazia che prende piede a partire dall’inizio del secolo XIII l’attività fieristica, in connessione con il suo ruolo attrattivo. Infatti, nel medioevo, un gran numero di pellegrini affluiva nell’area soprattutto per la concessione delle indulgenze di Innocenzo III e ancor di più di Gregorio IX.
Oggi la fiera di Grottaferrata, ha certamente cambiato volto; non è più soltanto una vetrina dei macchinari e prodotti agricoli perché recentemente interessa anche il commercio, l’artigianato e la piccola industria.
E’ così che questa città mostra tutti i caratteri del suo sgranato, discontinuo e “misterioso” territorio: luogo di residenza, di storia, di produzione, di fiere; luogo di concentrazione delle attività e dei beni culturali da un lato e di dispersione abitativa dall’altro.
La forza di Grottaferrata sta nella sua capacità di “custodire”: nonostante la densificazione del territorio, avvenuta negli ultimi 30 anni, accompagnata da demolizioni e sostituzioni edilizie, i caratteri tipici di questi edifici non sono stati del tutto cancellati (C. Baldoni, R. M. Strollo, I villini del ’900 in Grottaferrata).
La città appare strutturata attraverso nuclei diffusi sul territorio, a mo’ di città giardino, che si dipartono da una micro-matrice storica, perno del successivo sviluppo urbano. La matrice è formata in primo luogo dall’Abbazia di Santa Maria di Grottaferrata, fondata nel 1004 da San Nilo da Rossano la cui chiesa fu terminata circa 20 anni dopo. Elevata a monastero esarchico – abbatia nullius dioecesis cioè abbazia territoriale nel 1937, è retta dalla Congregazione dei monaci basiliani d’Italia. Il secondo elemento originario è la spina edilizia di corso del Popolo, il cui decoro urbano e impianto fognario furono disegnati dall’architetto Agostino Mercandetti nel 1872.
La storia di Grottaferrata, che ruota tutta intorno all’Abbazia, è densa di avvenimenti incalzanti.
Per fronteggiare la situazione di grande fragilità manifestata dall’Abbazia stessa in relazione ai frequenti saccheggi e occupazioni da parte di diversi eserciti (imperiali, napoletani, francesi, per non parlare dei più vicini marinesi), l’abate commendatario Giuliano Della Rovere fa erigere, fra il 1482 e il 1491, il castello e le potenti mura che ancora oggi la circondano: quelle “gialle mura” che Carlo Emilio Gadda ipotizza “affidate” dal Della Rovere al Sangallo, anche se dati stilistici e circostanze storiche fanno pensare a Baccio Pontelli.
Dopo successive alternanze di commendatari, nel 1824 alla morte di Ercole Consalvi, ultimo della serie cardinale commendatario, la commenda venne soppressa. I beni abbaziali furono concessi in enfiteusi perpetua al monastero e la giurisdizione temporale attribuita al governatore di Frascati di cui Grottaferrata divenne appodiato.
Grottaferrata si identifica come primo nucleo urbano composto originariamente dall’antica città di Tuscolo, dall’Abbazia e dalla zona industriale che faceva perno attorno alla cartiera pontificia, sorta nel 1629 sotto l’Abbazia in collegamento con il “Vallone” e con il rivo dell’Acqua Mariana (vedi “Viva voce” n 84. La cartiera pontificia di Grottaferrata).
Nel 1848, con 671 abitanti, diventa Comune dietro accettazione da parte di papa Pio IX dell’istanza presentata dal cardinale Ludovico Altieri (Presidente di Roma e Comarca) e grazie al lavoro di Giovanni Passamonti, che sarà il primo sindaco: l’erezione di Grottaferrata a Comune viene celebrata nella sala principale di Palazzo Santovetti, situato all’inizio di corso del Popolo, una residenza privata in mancanza di locali municipali.
Con la fine dello Stato pontificio, dopo il 1870, Grottaferrata diventa comune del Regno d’Italia.
Nel 1875 la popolazione del territorio criptense arriva già a 1300 persone. Si attivano i primi servizi: un Museo e un Ufficio Postale.
Gli uffici comunali hanno sede all’interno delle mura abbaziali fino al 1886, anno in cui l’abate Arsenio Pellegrini acquista il palazzo costruito dal capitano Pietro Grutter e lo cede al Comune.
Tra il 1904 e il 1907 vengono realizzati i lavori per la Via di Squarciarelli, mentre già era stato avviato il collegamento con Marino dalla parte di Colle Cimino.
Il 20 febbraio 1908 è la volta dell’ inaugurazione della Tramvia dei Castelli Romani, che da Roma arrivava al bivio di Grottaferrata, dove si divideva in due linee dirette rispettivamente a Frascati e a Genzano.
Grazie anche ai servizi telefonici ed elettrici, attivi fin dal 1900 e 1901, il ruolo di Grottaferrata come luogo di villeggiatura dei romani si consolida ed è seguito dalla costruzione di ville e villini liberty e nei più svariati stili da parte della medio-borghesia romana, alcuni di notevole valore architettonico. Gli abitanti arrivano a 5.000 e fino a 12.000 nei mesi estivi.
Già parecchie famiglie romane, desiderose d’aria e di spazio, si sono recate ad abitare in quegli ameni siti; nella stagione estiva parecchi vi si portano a passare mesi sereni lontani dalle leziosaggini cittadine. E nella visione dell’industria del villeggiante piglia piede la speculazione edilizia, la quale viene mettendo su villette civettuole e appartamenti signorili (Buonocore, 1921).
Nel 1921 sorge la fabbrica di ceramiche artistiche dei fratelli Tidei sita a Squarciarelli.
L’exploit di Grottaferrata dura fino al 1940. Il secondo conflitto mondiale seminerà distruzioni nei Castelli Romani.
Oggi, Grottaferrata, a differenza degli altri centri storici dei Castelli Romani, mostra una particolare forma insediativa che vive di piccole isole “urbane”, di case sparse, piccole palazzine, villini e ville: all’edilizia privata si alternano interventi di edilizia residenziale pubblica, facilmente riconoscibili, risalenti a diversi periodi da quella dei primi anni del Novecento a quella degli anni Cinquanta fino a quella più recente.
Una città che non c’è; un sistema insediativo che vive del suo rapporto con Roma, con cui confina (all’altezza delle Catacombe “Ad decimum”) – alla quale ha un facile accesso attraverso la metro Anagnina e l’omonima strada statale – e dove la maggior parte degli abitanti lavora e, sostanzialmente, trascorre la giornata.
Il fine settimana si può stare a casa, ma il centro storico non rappresenta il classico luogo dello struscio, la passeggiata dedicata agli incontri e agli acquisti; è popolato il sabato, in particolare la mattina, ma nulla di più.
Lo stringersi del rapporto con Roma, i cambiamenti derivanti dalla sostanziale residenzializzazione, l’abbandono parziale delle campagne hanno trasformato anche il Corso del Popolo. Le botteghe artigiane sono scomparse, così come le cantine. Ma qualche volta ancora si percepisce l’odore del mosto che si infiltra nelle strade; è il segno che qualche attività continua a resistere.
Grottaferrata è anche un luogo dove l’architettura moderna ha lasciato interessanti tracce identificabili in ville e palazzi cui sopra si è accennato. Per chi non conosce la città, e soprattutto la sua storia, bisogna “scovarle” dentro l’abbraccio urbano che le tiene rinserrate.
Villa Eloisa, il Castagno, ma anche la sottostazione elettrica di Villa Dusmet non sono che un esempio di questa ricchezza. I villini si presentano come una sorta di catalogo, il più vario: le ville spesseggiano ovunque, diverse di mole, di stile, di aspetto e di tinte (Ponti, Passamonti, Storia e storie di Grottaferrata, 1939), proprio in relazione alla variegata immagine dei villeggianti, appartenenti ai ceti dell’imprenditoria, della dirigenza, degli intellettuali e dei commercianti della Capitale, nonché ai diversi architetti cui sono state commissionate (C. Baldoni, R. M. Strollo, op. cit.).
Ma Grottaferrata è stato anche un luogo di attività industriali che si sono sviluppate per quasi tre secoli nel Vallone sotto l’Abbazia. La citata cartiera, che fu chiusa nel 1893, e la ferriera (chiusa nel 1856), della cui esistenza si ritrovano già le tracce in un libro del Filerete, scritto tra il 1460 e il 1464, che probabilmente la visitò nel suo viaggio in Italia (vedi Viva voce n.71).
Ed è ancora attorno all’Abbazia che prende piede a partire dall’inizio del secolo XIII l’attività fieristica, in connessione con il suo ruolo attrattivo. Infatti, nel medioevo, un gran numero di pellegrini affluiva nell’area soprattutto per la concessione delle indulgenze di Innocenzo III e ancor di più di Gregorio IX.
Oggi la fiera di Grottaferrata, ha certamente cambiato volto; non è più soltanto una vetrina dei macchinari e prodotti agricoli perché recentemente interessa anche il commercio, l’artigianato e la piccola industria.
E’ così che questa città mostra tutti i caratteri del suo sgranato, discontinuo e “misterioso” territorio: luogo di residenza, di storia, di produzione, di fiere; luogo di concentrazione delle attività e dei beni culturali da un lato e di dispersione abitativa dall’altro.
scritto da Manuela Ricci |
Per la rubrica Centri Storici – Numero 86 novembre 2009