VELLETRI complicata, complessa, intricata
Una città complicata, complessa, intricata, posta a circa 350 metri su un colle di formazione lavica a forma di scudo: esito di una storia che si è dipanata nel tempo facendo di questi luoghi, alternativamente, centro di poteri e spazi di abbandono e di distruzione, incrocio di popolazioni e di conflitti; una città, in cui risiedono attualmente più di 50 mila abitanti, su un territorio di circa 113 kmq che molti ritengono improprio considerare come uno dei castelli romani.
Dai latini, agli etruschi, ai volsci, ai romani, ai vescovi, ai bombardamenti della seconda guerra mondiale, alla ricostruzione: è una storia che ha prodotto strati di edificato, che ha disegnato le campagne, che ha generato “culture”, in tema di produzione agricola (San Pietro in Formis è stata una delle più grandi aziende agricole medioevali, con la quale la città di Velletri ha intessuto per secoli stretti rapporti sociali e produttivi; alla fine dell’800 la città diventa polo di ricerca per l’enologia), di realizzazione di opere pubbliche (gli etruschi vi applicarono le loro tecnologie dell’arte idraulica per mettere a coltivazione i territori paludosi) e di governo urbano (le prime tracce di Statuti comunali risalgono alla fine del ’200 e vengono riformati nella prima metà del ’500).
La sua posizione strategica, a presidio delle vie del meridione, le ha conferito un rilevante peso politico e militare nel corso della storia: da fronte sud delle linee commerciali tra la Casilina e la strada litoranea (VI sec.), a propaggine settentrionale del regno dei Volsci che ne fanno un baluardo contro l’espansione a sud di Roma, a nucleo della triangolazione di importanti santuari (Palestrina, Monte Cavo, Satrico).
Una città che si è fatta vanto della capacità di governare la sua indipendenza; il suo statuto, infatti, faceva espresso divieto ai cittadini di avere interessi con i baroni romani.
Di tutto questo rimangono brandelli, alcuni facilmente riconoscibili, altri nascosti e inglobati nel nuovo che è cresciuto, altri dispersi e non più rintracciabili; ri-costruire la storia urbana di Velletri, rintracciandone senso e luoghi, è come una grande caccia al tesoro.
L’attuale centro storico, in cui risiedono molto meno di 10 mila abitanti, “tradisce” in pieno il suo impianto medioevale, periodo in cui Velletri fu uno dei pochi liberi comuni del Lazio e dell’Italia centrale e una delle pochissime città a conservare una propria vita cittadina. All’impianto medioevale si sono giustapposte le sistemazioni del ’500 e ’600 che non ne hanno modificato sostanzialmente la struttura.
“L’impianto urbanistico era ancora quello del primo medioevo, una via principale che taglia da nord a sud l’abitato; quattro vaste piazze principali; un intrico di strette vie e vicoli, rarissimamente ad andamento rettilineo (retaggio di esigenze difensive) con abitazioni, stallaggi, rimesse e botteghe fittamente connesse le une alle altre. Soprattutto nei quartieri meridionali (che rappresentano l’insediamento delle più lontane origini) questa disposizione derivava direttamente dai periodi in cui le famiglie più ricche e cospicue edificarono veri isolati-fortezza, con i masti e le torri ancora svettanti a far concorrenza ai campanili”. (Massimo Fabi, Velletri nel ’500).
Il centro ha mantenuto la sua struttura anche a seguito della ricostruzione avvenuta dopo la seconda guerra mondiale, durante la quale più dell’80% degli edifici originari sono andati perduti.
Si avverte con chiarezza che, nella riedificazione postbellica, il centro storico non è stato uno degli oggetti principali d’interesse dell’amministrazione e dei cittadini.
Con i contributi dei danni di guerra, la popolazione, per la maggior parte contadina, ha preferito sistemare i fondi rustici stabilizzandosi nei “tinelli” della campagna – dove, peraltro, era solita vivere, al di là dei pochi mesi all’anno da trascorrere nella casa di “città” – costruendo ex novo o rimaneggiando le vecchie case rurali in cui si era rifugiata durante il conflitto.
La campagna è stata il luogo d’elezione per la vita quotidiana e il buon abitare; il centro storico non è sembrato meritevole di affezione urbana. Qui hanno investito artigiani e piccoli proprietari dando luogo alla realizzazione di un’edilizia piuttosto povera, forse l’unica possibile in quel momento ed è quella che oggi lo caratterizza prevalentemente, al di là di piccoli e attenti recuperi di alcuni palazzetti.
L’asse maggiore dell’antica via Corriera che correva tra le due porte principali (la Porta napoletana è stata ricostruita) guida ancora la giacitura principale della città. Il palazzo comunale, edificato a partire dal 1575 su progetto di Giacomo Della Porta, allievo del Vignola – completato nella metà del ’700 e completamente ricostruito dopo la guerra – domina la città dalla sua piazza rettangolare che appare un concentrato di quei poteri che, una volta, avevano fatto di Velletri un’esemplarità di governo urbano e che oggi rispecchiano semplicemente le articolazioni di tutti i governi e poteri locali del nostro Paese: il palazzo dell’amministrazione comunale, la prefettura, le due chiese (tra cui il singolare edificio bramantesco della Madonna del sangue) che formano vere e proprie quinte sceniche. Come in un teatro si dipana la scena della vita cittadina che guarda la sua storia affacciandosi sulla pianura Pontina, sullo sfondo dei monti Lepini, alla ricerca virtuale delle mura perdute.
Di qui, per la via del Comune si arriva a piazza Cairoli, dominata dalla singolare Torre del Trivio, campanile della chiesa di Santa Maria Assunta rimasto isolato nel XVII secolo in seguito alla ricostruzione dell’attigua chiesa: uno dei pochi monumenti rimasti inviolati durate in periodo bellico: in fondo alla piazza, una fontana ricostruita e un edificio a quinta – realizzato negli anni sessanta nell’area dove era stato edificato, alla fine del ’600, il palazzo Ginnetti – frutto di un accordo con l’amministrazione, che in cambio ha ottenuto un bellissimo parco per la città.
La Basilica di San Clemente, importantissima chiesa del mondo cristiano, oggi restaurata, è una delle ricchezze di Velletri; di qui si arriva all’area della ex Caserma, con stupenda vista sulla valle, che attende ancora di essere riutilizzata per la città.
In questa storia complessa e importante, di cui sono state segnalate soltanto alcune tracce, Velletri inizia la sua decadenza alla fine del ’600, quando comincia ad adagiarsi nella sua opulenza e la gestione urbana diventa una routine. Nei periodi successivi viene comunque sviluppato il tentativo di mantenere l’economia e il suo essere città: già dall’800 Velletri raggiunge l’eccellenza di polo giudiziario e di istruzione.
La tragedia della seconda guerra mondiale vede allontanarsi molta popolazione, Velletri si svuota. Si frantuma lo stato sociale imperniato sulla tripartizione signori-propietari terrieri-artisti, accanto ai braccianti stagionali; i conduttori delle “colonie” acquistano le terre, si cominciano a vedere i braccianti, compaiono le prime fabbriche a Latina e a Pomezia, le “grandi famiglie” lasciano la città. Velletri diventa un grande paese.
Riconquistare la storia e ri-creare una nuova immagine, reinterpretando l’autonomia liberista del passato, in termini di capacità di governo e di promozione dell’economia locale: è questa la sfida che la città si trova oggi ad affrontare.
Dai latini, agli etruschi, ai volsci, ai romani, ai vescovi, ai bombardamenti della seconda guerra mondiale, alla ricostruzione: è una storia che ha prodotto strati di edificato, che ha disegnato le campagne, che ha generato “culture”, in tema di produzione agricola (San Pietro in Formis è stata una delle più grandi aziende agricole medioevali, con la quale la città di Velletri ha intessuto per secoli stretti rapporti sociali e produttivi; alla fine dell’800 la città diventa polo di ricerca per l’enologia), di realizzazione di opere pubbliche (gli etruschi vi applicarono le loro tecnologie dell’arte idraulica per mettere a coltivazione i territori paludosi) e di governo urbano (le prime tracce di Statuti comunali risalgono alla fine del ’200 e vengono riformati nella prima metà del ’500).
La sua posizione strategica, a presidio delle vie del meridione, le ha conferito un rilevante peso politico e militare nel corso della storia: da fronte sud delle linee commerciali tra la Casilina e la strada litoranea (VI sec.), a propaggine settentrionale del regno dei Volsci che ne fanno un baluardo contro l’espansione a sud di Roma, a nucleo della triangolazione di importanti santuari (Palestrina, Monte Cavo, Satrico).
Una città che si è fatta vanto della capacità di governare la sua indipendenza; il suo statuto, infatti, faceva espresso divieto ai cittadini di avere interessi con i baroni romani.
Di tutto questo rimangono brandelli, alcuni facilmente riconoscibili, altri nascosti e inglobati nel nuovo che è cresciuto, altri dispersi e non più rintracciabili; ri-costruire la storia urbana di Velletri, rintracciandone senso e luoghi, è come una grande caccia al tesoro.
L’attuale centro storico, in cui risiedono molto meno di 10 mila abitanti, “tradisce” in pieno il suo impianto medioevale, periodo in cui Velletri fu uno dei pochi liberi comuni del Lazio e dell’Italia centrale e una delle pochissime città a conservare una propria vita cittadina. All’impianto medioevale si sono giustapposte le sistemazioni del ’500 e ’600 che non ne hanno modificato sostanzialmente la struttura.
“L’impianto urbanistico era ancora quello del primo medioevo, una via principale che taglia da nord a sud l’abitato; quattro vaste piazze principali; un intrico di strette vie e vicoli, rarissimamente ad andamento rettilineo (retaggio di esigenze difensive) con abitazioni, stallaggi, rimesse e botteghe fittamente connesse le une alle altre. Soprattutto nei quartieri meridionali (che rappresentano l’insediamento delle più lontane origini) questa disposizione derivava direttamente dai periodi in cui le famiglie più ricche e cospicue edificarono veri isolati-fortezza, con i masti e le torri ancora svettanti a far concorrenza ai campanili”. (Massimo Fabi, Velletri nel ’500).
Il centro ha mantenuto la sua struttura anche a seguito della ricostruzione avvenuta dopo la seconda guerra mondiale, durante la quale più dell’80% degli edifici originari sono andati perduti.
Si avverte con chiarezza che, nella riedificazione postbellica, il centro storico non è stato uno degli oggetti principali d’interesse dell’amministrazione e dei cittadini.
Con i contributi dei danni di guerra, la popolazione, per la maggior parte contadina, ha preferito sistemare i fondi rustici stabilizzandosi nei “tinelli” della campagna – dove, peraltro, era solita vivere, al di là dei pochi mesi all’anno da trascorrere nella casa di “città” – costruendo ex novo o rimaneggiando le vecchie case rurali in cui si era rifugiata durante il conflitto.
La campagna è stata il luogo d’elezione per la vita quotidiana e il buon abitare; il centro storico non è sembrato meritevole di affezione urbana. Qui hanno investito artigiani e piccoli proprietari dando luogo alla realizzazione di un’edilizia piuttosto povera, forse l’unica possibile in quel momento ed è quella che oggi lo caratterizza prevalentemente, al di là di piccoli e attenti recuperi di alcuni palazzetti.
L’asse maggiore dell’antica via Corriera che correva tra le due porte principali (la Porta napoletana è stata ricostruita) guida ancora la giacitura principale della città. Il palazzo comunale, edificato a partire dal 1575 su progetto di Giacomo Della Porta, allievo del Vignola – completato nella metà del ’700 e completamente ricostruito dopo la guerra – domina la città dalla sua piazza rettangolare che appare un concentrato di quei poteri che, una volta, avevano fatto di Velletri un’esemplarità di governo urbano e che oggi rispecchiano semplicemente le articolazioni di tutti i governi e poteri locali del nostro Paese: il palazzo dell’amministrazione comunale, la prefettura, le due chiese (tra cui il singolare edificio bramantesco della Madonna del sangue) che formano vere e proprie quinte sceniche. Come in un teatro si dipana la scena della vita cittadina che guarda la sua storia affacciandosi sulla pianura Pontina, sullo sfondo dei monti Lepini, alla ricerca virtuale delle mura perdute.
Di qui, per la via del Comune si arriva a piazza Cairoli, dominata dalla singolare Torre del Trivio, campanile della chiesa di Santa Maria Assunta rimasto isolato nel XVII secolo in seguito alla ricostruzione dell’attigua chiesa: uno dei pochi monumenti rimasti inviolati durate in periodo bellico: in fondo alla piazza, una fontana ricostruita e un edificio a quinta – realizzato negli anni sessanta nell’area dove era stato edificato, alla fine del ’600, il palazzo Ginnetti – frutto di un accordo con l’amministrazione, che in cambio ha ottenuto un bellissimo parco per la città.
La Basilica di San Clemente, importantissima chiesa del mondo cristiano, oggi restaurata, è una delle ricchezze di Velletri; di qui si arriva all’area della ex Caserma, con stupenda vista sulla valle, che attende ancora di essere riutilizzata per la città.
In questa storia complessa e importante, di cui sono state segnalate soltanto alcune tracce, Velletri inizia la sua decadenza alla fine del ’600, quando comincia ad adagiarsi nella sua opulenza e la gestione urbana diventa una routine. Nei periodi successivi viene comunque sviluppato il tentativo di mantenere l’economia e il suo essere città: già dall’800 Velletri raggiunge l’eccellenza di polo giudiziario e di istruzione.
La tragedia della seconda guerra mondiale vede allontanarsi molta popolazione, Velletri si svuota. Si frantuma lo stato sociale imperniato sulla tripartizione signori-propietari terrieri-artisti, accanto ai braccianti stagionali; i conduttori delle “colonie” acquistano le terre, si cominciano a vedere i braccianti, compaiono le prime fabbriche a Latina e a Pomezia, le “grandi famiglie” lasciano la città. Velletri diventa un grande paese.
Riconquistare la storia e ri-creare una nuova immagine, reinterpretando l’autonomia liberista del passato, in termini di capacità di governo e di promozione dell’economia locale: è questa la sfida che la città si trova oggi ad affrontare.
Si ringrazia Massimo Fabi per gli elementi di conoscenza forniti sulla storia della città.
scritto da Manuela Ricci |
Per la rubrica Centri Storici – Numero 76 novembre 2008