Castelgandolfo, un piccolo sistema urbano in un’aurea di magico isolamento
Castelgandolfo, posto sul bordo occidentale dell’antico cratere vulcanico che ospita il lago Albano, sorge, secondo un’ipotesi ormai largamente condivisa, sul luogo di Alba Longa, culla della civiltà latina, leggendariamente fondata da Ascanio, figlio di Enea.
Di fatto questo ruolo storico, sostanzialmente “non svelato” – nessuno porrebbe mente a questa circostanza andando a Castelgandolfo senza aver letto prima qualche notizia turistica – non è valorizzato, pur essendo d’importanza strategica per la storia dell’insediamento e per le sue successive trasformazioni territoriali. Dai Latini ai Romani, dai Romani (Tullio Ostilio la distrusse nel VII secolo) al Medioevo ai primi papi (Clemente VIII e Pio V che lo incorporò nel dominio papale), alle famiglie nobili del Rinascimento e ai successivi papi (Urbano VII e Alessandro VII e Clemente XIV), un’alternanza di domini e di poteri ha plasmato questo territorio lasciandovi tracce che si sono sedimentate, intrecciate, contaminate.
Un piccolissimo borgo tardo-medioevale – di cui si ritrovano tracce concrete intorno al X secolo intorno alla rocca dei Gandolfi – che, come una miniatura, sembra poter essere contenuto in una mano: questa è la prima impressione che si ha percorrendo la piazza della Libertà, di splendido stampo barocco, con la fontana e l’emergenza sul Corso della chiesa di San Tommaso da Villanova, entrambe attribuite al Bernini.
In realtà, a Castelgandolfo si consuma una significativa opposizione tra due dimensioni, l’una civile e l’altra religiosa, molto minuta la prima, molto forte la seconda, opposizione in cui si è cristallizzato, oggi, l’esito dell’articolata alternanza di domini che hanno indotto trasformazioni territoriali di notevole rilievo.
Al borgo minuto si contrappone non solo la grande chiesa berniniana ma anche la residenza estiva del papa che si apre su Piazza della Libertà, la cui facciata fa presupporre l’imponenza del complesso. Costruito nella prima metà del 1600 da Urbano VIII sulle rovine del castello dei Savelli, e successivamente ampliato anche attraverso l’incorporazione di splendide ville, attualmente il palazzo con parchi e giardini è di proprietà della Santa Sede.
In particolare il parco, che si estende a cavallo tra i comuni di Castelgandofo e di Albano, ricopre circa 55 ettari entro cui sono immersi i resti delle ville di Domiziano e di Clodio.
Si accompagna a questa “dimensione”, fuori scala rispetto al borgo, la cupola argentata dell’Osservatorio astronomico che non fa altro che rafforzare l’assoluto sentirsi piccoli sulla piazza.
Ma dando le spalle al palazzo papale e proseguendo per il Corso, o per la piccola strada a questo parallela, prevale la dimensione dell’ “umano”, delle piccole case e delle botteghe artigiane, dalle quali traspare la presenza di un turismo continuamente presente, legato soprattutto alla residenza papale.
Si tratta certamente di uno dei centri storici meglio conservati tra quelli dei Castelli Romani. La piazza della Libertà e la via del Corso sono state recentemente rinnovate nella pavimentazione e nell’arredo urbano per mano del progetto di un architetto di riconosciuta fama. Ciò nonostante, soprattutto nella strada parallela al Corso, non possono fare a meno di emergere le superfetazioni che riguardano ogni volume abitativo, legate soprattutto all’ampliamento delle superfici degli alloggi per la creazione di servizi igienici.
Il suo arroccamento, a 426 metri sul livello del mare, consente al borgo di attivare splendidi sguardi sul territorio circostante: da una parte il lago, alternativamente denominato di Albano e di Castelgandolfo – quasi a non volerne riconoscere mai un “padrone” definito – che si offre alla vista vicino al palazzo papale, ma anche da squarci che si aprono attraverso le strette vie; dall’altra la vasta estensione della campagna romana.
Si ha come la sensazione di essere sospesi in alto, di camminare su una piattaforma galleggiante, costituita dal sistema della piazza e delle piccole strade che da questa si dipartono fino ad arrivare alla “Galleria di sopra” che conduce al Convento dei Cappuccini, cosicché sembra spezzarsi l’aurea di magico isolamento del piccolo sistema urbano, che si trova, forse nonostante la sua volontà, a riconoscersi parte di un territorio infrastrutturato e magicamente verde.
Di fatto questo ruolo storico, sostanzialmente “non svelato” – nessuno porrebbe mente a questa circostanza andando a Castelgandolfo senza aver letto prima qualche notizia turistica – non è valorizzato, pur essendo d’importanza strategica per la storia dell’insediamento e per le sue successive trasformazioni territoriali. Dai Latini ai Romani, dai Romani (Tullio Ostilio la distrusse nel VII secolo) al Medioevo ai primi papi (Clemente VIII e Pio V che lo incorporò nel dominio papale), alle famiglie nobili del Rinascimento e ai successivi papi (Urbano VII e Alessandro VII e Clemente XIV), un’alternanza di domini e di poteri ha plasmato questo territorio lasciandovi tracce che si sono sedimentate, intrecciate, contaminate.
Un piccolissimo borgo tardo-medioevale – di cui si ritrovano tracce concrete intorno al X secolo intorno alla rocca dei Gandolfi – che, come una miniatura, sembra poter essere contenuto in una mano: questa è la prima impressione che si ha percorrendo la piazza della Libertà, di splendido stampo barocco, con la fontana e l’emergenza sul Corso della chiesa di San Tommaso da Villanova, entrambe attribuite al Bernini.
In realtà, a Castelgandolfo si consuma una significativa opposizione tra due dimensioni, l’una civile e l’altra religiosa, molto minuta la prima, molto forte la seconda, opposizione in cui si è cristallizzato, oggi, l’esito dell’articolata alternanza di domini che hanno indotto trasformazioni territoriali di notevole rilievo.
Al borgo minuto si contrappone non solo la grande chiesa berniniana ma anche la residenza estiva del papa che si apre su Piazza della Libertà, la cui facciata fa presupporre l’imponenza del complesso. Costruito nella prima metà del 1600 da Urbano VIII sulle rovine del castello dei Savelli, e successivamente ampliato anche attraverso l’incorporazione di splendide ville, attualmente il palazzo con parchi e giardini è di proprietà della Santa Sede.
In particolare il parco, che si estende a cavallo tra i comuni di Castelgandofo e di Albano, ricopre circa 55 ettari entro cui sono immersi i resti delle ville di Domiziano e di Clodio.
Si accompagna a questa “dimensione”, fuori scala rispetto al borgo, la cupola argentata dell’Osservatorio astronomico che non fa altro che rafforzare l’assoluto sentirsi piccoli sulla piazza.
Ma dando le spalle al palazzo papale e proseguendo per il Corso, o per la piccola strada a questo parallela, prevale la dimensione dell’ “umano”, delle piccole case e delle botteghe artigiane, dalle quali traspare la presenza di un turismo continuamente presente, legato soprattutto alla residenza papale.
Si tratta certamente di uno dei centri storici meglio conservati tra quelli dei Castelli Romani. La piazza della Libertà e la via del Corso sono state recentemente rinnovate nella pavimentazione e nell’arredo urbano per mano del progetto di un architetto di riconosciuta fama. Ciò nonostante, soprattutto nella strada parallela al Corso, non possono fare a meno di emergere le superfetazioni che riguardano ogni volume abitativo, legate soprattutto all’ampliamento delle superfici degli alloggi per la creazione di servizi igienici.
Il suo arroccamento, a 426 metri sul livello del mare, consente al borgo di attivare splendidi sguardi sul territorio circostante: da una parte il lago, alternativamente denominato di Albano e di Castelgandolfo – quasi a non volerne riconoscere mai un “padrone” definito – che si offre alla vista vicino al palazzo papale, ma anche da squarci che si aprono attraverso le strette vie; dall’altra la vasta estensione della campagna romana.
Si ha come la sensazione di essere sospesi in alto, di camminare su una piattaforma galleggiante, costituita dal sistema della piazza e delle piccole strade che da questa si dipartono fino ad arrivare alla “Galleria di sopra” che conduce al Convento dei Cappuccini, cosicché sembra spezzarsi l’aurea di magico isolamento del piccolo sistema urbano, che si trova, forse nonostante la sua volontà, a riconoscersi parte di un territorio infrastrutturato e magicamente verde.
scritto da Manuela Ricci |
Per la rubrica Centri Storici – Numero 68 febbraio 2008