ALBANO: una struttura urbana che trasuda storia e cultura, condannata dai flussi del traffico
Una ragnatela di strade strette e compatte che strutturano un centro di circa 37.000 abitanti in continua crescita demografica dal 1861; un centro che trasuda storia e cultura avvertibili anche al primo impatto; un centro, però, “condannato” dai flussi di traffico su gomma che invadono pesantemente le piccole vie, rendendo difficile anche percorrerle a piedi, e snaturando il percorso dell’Appia, in cui il mix del locale e dei flussi di attraversamento si mescolano definendo funzioni senza contorni.
Di fatto, è un po’ la situazione che si registra in tutti i Castelli romani, ma ad Albano appare esacerbata anche in rapporto alla ricchezza viva della sua storia.
Purtroppo le auto, con i problemi dei flussi e della sosta, incidono su due elementi: da un lato mettono fuori scala la dimensione del centro storico, deformandone la godibilità e la vivibilità, e dall’altro creano sovrapposizione di funzioni (per l’appunto traffico locale e di attraversamento), difficilmente controllabili, che snaturano riconoscibilità e identità del luogo.
La struttura urbana è suggestiva e di grande interesse. Dalla chiesa di San Paolo si diparte il tridente, schermato da un bel palazzo settecentesco, che scende verso la via Appia: al suo interno alcune vestigia della civiltà romana, come la chiesa di Santa Maria della Rotonda, ricavata da un ninfeo di un’antica villa romana, e il “cisternone”, una grande riserva d’acqua costruita dai romani e ancora funzionante.
Il percorso, man mano che si va dalla piazza San Paolo fino ad arrivare all’arteria consolare, mostra una significativa intensificazione della densità delle funzioni urbane e della frequenza antropica; una faticosa discesa dal rarefatto – l’ampia piazza, anche se diventata parcheggio; con alle spalle il convento dei Cappuccini e l’anfiteatro romano – verso “l’altro”, dove contano il movimento, la velocità, l’affollamento, la concentrazione di flussi e di attività. Dove, però, nella velocità quotidiana, qualcosa induce ancora a fermarsi per farsi prendere dalla storia, come ad esempio il Palazzo Lercari, sede della Curia vescovile e l’Esedra della Pace, nel cui spazio antistante sembra ancora possibile guadagnarsi un luogo per “tirare il fiato”.
Al di là dell’Appia, riprende la prevalenza del locale, legata anche alla forte presenza di quanto rimane della Porta Pretoria e delle Terme di Cellomaio – nelle quali è stata ricavata la bellissima chiesa di San Pietro – al parco della rimembranza e al cosiddetto sepolcro degli Orazi e Curiazi.
Le Terme, in particolare, destano curiosità per il loro essersi strutturalmente avvinghiate a edificazioni successive in un incastro stratificato di storie urbane che andrebbe valorizzato, a fronte dello stato di degrado in cui versa tutto il complesso.
Sembrano quasi due città diverse, in uno spazio molto delimitato, rispetto alle quali l’ampia piazza Savelli e la cattedrale (1721) ricoprono un nodo di snodo tra il lasco e il concentrato
Una sorta di sandwich, dunque, in cui le due facce del locale – a monte e a valle dell’Appia – veicolano quei flussi di attraversamento che percorrono non pochi centri dei Castelli e che fanno perdere il senso della continuità della consolare e del suo ruolo storico nel territorio.
Una città densa di storia, in cui dai cantieri aperti traspare la volontà di riqualificazione di un patrimonio, anche privato, che richiede più cura e attenzione di quanta non gliene sia stata dedicata fino a oggi, anche per far rivivere il suo ruolo di centro di riferimento della Lega latina nel contesto delle articolate trame territoriali.
Del resto, le attività promosse per la rivitalizzazione e l’animazione cittadina nonché per la formazione – mostre fotografiche, manifestazioni varie per l’estate 2007, il cinetour, la manifestazione “solidali fino alle stelle” e ancora i laboratori multimediali, i corsi primaverili di cultura e spettacolo e via dicendo – mostrano una volontà da parte dell’amministrazione e dell’associazionismo locale a percorrere una strada che intende coniugare le azioni di riqualificazione fisica con quelle di natura immateriale.
Di fatto, è un po’ la situazione che si registra in tutti i Castelli romani, ma ad Albano appare esacerbata anche in rapporto alla ricchezza viva della sua storia.
Purtroppo le auto, con i problemi dei flussi e della sosta, incidono su due elementi: da un lato mettono fuori scala la dimensione del centro storico, deformandone la godibilità e la vivibilità, e dall’altro creano sovrapposizione di funzioni (per l’appunto traffico locale e di attraversamento), difficilmente controllabili, che snaturano riconoscibilità e identità del luogo.
La struttura urbana è suggestiva e di grande interesse. Dalla chiesa di San Paolo si diparte il tridente, schermato da un bel palazzo settecentesco, che scende verso la via Appia: al suo interno alcune vestigia della civiltà romana, come la chiesa di Santa Maria della Rotonda, ricavata da un ninfeo di un’antica villa romana, e il “cisternone”, una grande riserva d’acqua costruita dai romani e ancora funzionante.
Il percorso, man mano che si va dalla piazza San Paolo fino ad arrivare all’arteria consolare, mostra una significativa intensificazione della densità delle funzioni urbane e della frequenza antropica; una faticosa discesa dal rarefatto – l’ampia piazza, anche se diventata parcheggio; con alle spalle il convento dei Cappuccini e l’anfiteatro romano – verso “l’altro”, dove contano il movimento, la velocità, l’affollamento, la concentrazione di flussi e di attività. Dove, però, nella velocità quotidiana, qualcosa induce ancora a fermarsi per farsi prendere dalla storia, come ad esempio il Palazzo Lercari, sede della Curia vescovile e l’Esedra della Pace, nel cui spazio antistante sembra ancora possibile guadagnarsi un luogo per “tirare il fiato”.
Al di là dell’Appia, riprende la prevalenza del locale, legata anche alla forte presenza di quanto rimane della Porta Pretoria e delle Terme di Cellomaio – nelle quali è stata ricavata la bellissima chiesa di San Pietro – al parco della rimembranza e al cosiddetto sepolcro degli Orazi e Curiazi.
Le Terme, in particolare, destano curiosità per il loro essersi strutturalmente avvinghiate a edificazioni successive in un incastro stratificato di storie urbane che andrebbe valorizzato, a fronte dello stato di degrado in cui versa tutto il complesso.
Sembrano quasi due città diverse, in uno spazio molto delimitato, rispetto alle quali l’ampia piazza Savelli e la cattedrale (1721) ricoprono un nodo di snodo tra il lasco e il concentrato
Una sorta di sandwich, dunque, in cui le due facce del locale – a monte e a valle dell’Appia – veicolano quei flussi di attraversamento che percorrono non pochi centri dei Castelli e che fanno perdere il senso della continuità della consolare e del suo ruolo storico nel territorio.
Una città densa di storia, in cui dai cantieri aperti traspare la volontà di riqualificazione di un patrimonio, anche privato, che richiede più cura e attenzione di quanta non gliene sia stata dedicata fino a oggi, anche per far rivivere il suo ruolo di centro di riferimento della Lega latina nel contesto delle articolate trame territoriali.
Del resto, le attività promosse per la rivitalizzazione e l’animazione cittadina nonché per la formazione – mostre fotografiche, manifestazioni varie per l’estate 2007, il cinetour, la manifestazione “solidali fino alle stelle” e ancora i laboratori multimediali, i corsi primaverili di cultura e spettacolo e via dicendo – mostrano una volontà da parte dell’amministrazione e dell’associazionismo locale a percorrere una strada che intende coniugare le azioni di riqualificazione fisica con quelle di natura immateriale.
scritto da Manuela Ricci |
Per la rubrica Centri Storici – Numero 64 luglio 2007