Le Ville Tuscolane: status symbol di un’utenza di alto lignaggio
Il complesso delle dodici Ville Tuscolane, sorto nel giro di un secolo circa tra 1550 e 1650, costituisce la diretta conseguenza di due vicende storiche che coinvolsero l’Italia nella prima metà del XVI secolo: l’avvento della Pax Hispanica nella penisola e la Controriforma Cattolica scaturita dal Concilio di Trento.
La dominazione spagnola, affermatasi definitivamente con il Trattato di Catheau-Cambresis (1559), avrebbe portato l’Italia al picco negativo della sua storia col degrado economico, civile e morale, oltre che politico, da essa scaturito; tuttavia poneva fine alle guicciardiane “horrende guerre d’Italia” combattute tra Francia e Spagna per egemonia sulla infelice terra italiana.
La pace infuse fiducia nelle classi egemoni italiane, spingendole ad investimenti fondiari di grande prestigio; fenomeno che suole essere definito, pur con qualche contestazione, “rifeudalizzazione”. Il clima di sicurezza indusse anche le famiglie cardinalizie romane ad edificare sontuose dimore ad esaltazione del proprio blasone nonché a simbolo del rinnovato orgoglio di una Chiesa Cattolica che, assorbita la durissima mazzata della rivolta luterana, riacquistava la consapevolezza della propria missione universalistica e la celebrava nelle sontuose forme del nuovo stile barocco.
Il territorio tuscolano si prestava come nessun altro a questa bisogna, non solo per la vicinanza a Roma, ma per la celebrata amenità e salubrità dei luoghi nonché per la pregnanza di memorie e testimonianze classiche. A ciò si aggiungeva la recente apertura di una nuova strada da S. Giovanni a Frascati.
Il fatto poi che dal 1537 Frascati non apparteneva più ad una singola famiglia feudale, ma alla Camera Apostolica, fu determinante nell’indurre la nobiltà romana ad acquistare terreni nel Tuscolano, per erigervi le proprie dimore. Sorsero così, come si è detto in precedenza, dodici superbe dimore gentilizie, le “Ville Tuscolane”, scaturite da un disegno unitario di chiara origine ideologica: la concreta, visibile enfatizzazione del carisma di classe, della nobiltà prelatizia protagonista della Riforma Cattolica prima, e della successiva Controriforma.
Le Ville vanno perciò viste come un unico blocco omogeneo, alla cui base non vi furono soltanto motivazioni di carattere ricreativo o igienico, pur valide queste ultime quando le famiglie principesche con i loro seguiti si trasferivano sui freschi e ombrosi colli del Tuscolo per sfuggire ai fetidi miasmi della torrida estate romana. A tal proposito è lecito affermare che, visto che anche i Papi si spostavano nelle ville tuscolane con l’intera corte, queste diventavano la sede del Governo Pontificio estivo e Frascati poteva fregiarsi del titolo di “piccola Roma”, com’ebbe a definirla S. Giuseppe Colasanzio: una sorte, insomma, di Vice-Roma.
Torniamo però al significato più profondo delle ville, quello politico e ideologico. I casati da cui provenivano Papi e cardinali ufficializzavano il loro potere attraverso le ville che divennero perciò veri status symbol di questa utenza d’alto lignaggio. I vasti programmi dell’aristocrazia romana, come strade, palazzi, interventi urbanistici, rispondevano allo scopo di dare, diremmo oggi, “visibilità” all’onnipotenza della classe egemone, di cui rappresentarono vistosi “ideologemi” di forte impatto psicologico ed emotivo. A Frascati, come abbiamo accennato, non era una sola famiglia feudale quella che veniva glorificata, come a Marino, Castel Gandolfo, Ariccia o in altri siti del Lazio, ma tutta l’aristocrazia controriformista nel suo insieme ed a trarne vantaggio era la Chiesa stessa che, non più confusa e smarrita come agli esordi dello scisma protestante, riprendeva saldamente in mano le redini della Cristianità rimastale fedele e si ergeva a fronteggiare l’eresia in tutti i campi e con tutti i mezzi.
Non è un caso che una delle iniziative della Chiesa cattolica più densa di significati ideologici, abbia avuto sede proprio in una villa tuscolana, esattamente a Mondragone: la riforma del calendario. Nel 1582 il Papa Gregorio XIII riformò l’ormai inadatto calendario giuliano, introducendo quello detto appunto gregoriano, che oggi tutto il mondo usa, ma non senza accanite resistenze. Se infatti gli Stati cattolici lo accettarono subito, non fu così per quelli protestanti o ortodossi. Per Stati di altre religioni occorsero addirittura delle rivoluzioni perché fosse accettato: a riprova del significato politico di questo pur necessario provvedimento, grazie al quale la Chiesa cattolica assumeva il controllo del tempo, come già aveva assunto quello dello spazio, con l’azione missionaria, e dell’arte col mecenatismo dell’età barocca che fece di Roma la città più grandiosa e sontuosa d’Europa.
A tal proposito non è esagerato affermare che, se è vero che il barocco nacque a Roma, non meno nelle ville tuscolane va individuata la sua origine: un vanto non certo di poco conto!
Tutti i geni di questa splendida stagione artistica lasciarono la loro impronta nelle ville tuscolane. Dall’architettura ai cicli pittorici, dalle scenografie agli splendidi”teatri d’acque” ove architettura, scultura, giochi d’acque, perfino musica e natura, si fondevano in irripetibili, superbe sintesi.
La creazione della chiostra di ville tuscolane condizionò l’assetto della città di Frascati. Il baricentro si spostò infatti a monte ove venne tracciata con perfetto impianto “ippodameo” una addizione secentesca, con strade dritte e reticolo ortogonale. Tale spostamento fu sancito ed ufficializzato dalla costruzione di una nuova Cattedrale, a cominciare dal 1598, dedicata a S. Pietro in sostituzione di quella di S. Maria in Vivario immersa tra casette, mura e ruderi romani del vecchio borgo.
L’addizione secentesca fu abitata da un ceto di artigiani, commercianti e piccoli proprietari la cui formazione fu determinata ed incentivata proprio dalla presenza delle ville. A tal proposito si può dire che l’intera Frascati finì con configurarsi come area di servizio delle ville stesse, dalle quali l’abitato era separato da una cortina di muri di cinta entro la quale si aprivano per i frascatani solo un paio di varchi per l’accesso alle alture del Tuscolo. Splendidi portali, prospettanti su piazze che fungevano da cerniera tra il paese e le ville, immettevano in queste e Frascati risultò in posizione nettamente subalterna ad esse come del resto è evidenziato dalle stampe del seicento in cui l’abitato frascatano è riportato in scala inferiore rispetto al giganteggiare delle ville che gli fanno corona tutt’intorno.
La stagione delle ville tuscolane, iniziata nel 1546 con la decana, la Villa Rufina oggi Falconieri, si concluse agli inizi del Settecento. E si trattò di una conclusione spesso triste, fatta di abbandono e degrado protrattasi non di rado assai a lungo. Esauritasi la spinta storica ed ideologica che l’aveva generata, la “dodecapoli”, per così dire, delle ville tuscolane aveva evidentemente perduto la sua iniziale ragion d’essere.
Oggi, sia pure con differenti vocazioni e motivazioni, le ville tuscolane, anche se menomate dalla guerra, hanno ritrovato vitalità e splendore in vista di un ulteriore, nuovo capitolo della loro plurisecolare storia.
La dominazione spagnola, affermatasi definitivamente con il Trattato di Catheau-Cambresis (1559), avrebbe portato l’Italia al picco negativo della sua storia col degrado economico, civile e morale, oltre che politico, da essa scaturito; tuttavia poneva fine alle guicciardiane “horrende guerre d’Italia” combattute tra Francia e Spagna per egemonia sulla infelice terra italiana.
La pace infuse fiducia nelle classi egemoni italiane, spingendole ad investimenti fondiari di grande prestigio; fenomeno che suole essere definito, pur con qualche contestazione, “rifeudalizzazione”. Il clima di sicurezza indusse anche le famiglie cardinalizie romane ad edificare sontuose dimore ad esaltazione del proprio blasone nonché a simbolo del rinnovato orgoglio di una Chiesa Cattolica che, assorbita la durissima mazzata della rivolta luterana, riacquistava la consapevolezza della propria missione universalistica e la celebrava nelle sontuose forme del nuovo stile barocco.
Il territorio tuscolano si prestava come nessun altro a questa bisogna, non solo per la vicinanza a Roma, ma per la celebrata amenità e salubrità dei luoghi nonché per la pregnanza di memorie e testimonianze classiche. A ciò si aggiungeva la recente apertura di una nuova strada da S. Giovanni a Frascati.
Il fatto poi che dal 1537 Frascati non apparteneva più ad una singola famiglia feudale, ma alla Camera Apostolica, fu determinante nell’indurre la nobiltà romana ad acquistare terreni nel Tuscolano, per erigervi le proprie dimore. Sorsero così, come si è detto in precedenza, dodici superbe dimore gentilizie, le “Ville Tuscolane”, scaturite da un disegno unitario di chiara origine ideologica: la concreta, visibile enfatizzazione del carisma di classe, della nobiltà prelatizia protagonista della Riforma Cattolica prima, e della successiva Controriforma.
Le Ville vanno perciò viste come un unico blocco omogeneo, alla cui base non vi furono soltanto motivazioni di carattere ricreativo o igienico, pur valide queste ultime quando le famiglie principesche con i loro seguiti si trasferivano sui freschi e ombrosi colli del Tuscolo per sfuggire ai fetidi miasmi della torrida estate romana. A tal proposito è lecito affermare che, visto che anche i Papi si spostavano nelle ville tuscolane con l’intera corte, queste diventavano la sede del Governo Pontificio estivo e Frascati poteva fregiarsi del titolo di “piccola Roma”, com’ebbe a definirla S. Giuseppe Colasanzio: una sorte, insomma, di Vice-Roma.
Torniamo però al significato più profondo delle ville, quello politico e ideologico. I casati da cui provenivano Papi e cardinali ufficializzavano il loro potere attraverso le ville che divennero perciò veri status symbol di questa utenza d’alto lignaggio. I vasti programmi dell’aristocrazia romana, come strade, palazzi, interventi urbanistici, rispondevano allo scopo di dare, diremmo oggi, “visibilità” all’onnipotenza della classe egemone, di cui rappresentarono vistosi “ideologemi” di forte impatto psicologico ed emotivo. A Frascati, come abbiamo accennato, non era una sola famiglia feudale quella che veniva glorificata, come a Marino, Castel Gandolfo, Ariccia o in altri siti del Lazio, ma tutta l’aristocrazia controriformista nel suo insieme ed a trarne vantaggio era la Chiesa stessa che, non più confusa e smarrita come agli esordi dello scisma protestante, riprendeva saldamente in mano le redini della Cristianità rimastale fedele e si ergeva a fronteggiare l’eresia in tutti i campi e con tutti i mezzi.
Non è un caso che una delle iniziative della Chiesa cattolica più densa di significati ideologici, abbia avuto sede proprio in una villa tuscolana, esattamente a Mondragone: la riforma del calendario. Nel 1582 il Papa Gregorio XIII riformò l’ormai inadatto calendario giuliano, introducendo quello detto appunto gregoriano, che oggi tutto il mondo usa, ma non senza accanite resistenze. Se infatti gli Stati cattolici lo accettarono subito, non fu così per quelli protestanti o ortodossi. Per Stati di altre religioni occorsero addirittura delle rivoluzioni perché fosse accettato: a riprova del significato politico di questo pur necessario provvedimento, grazie al quale la Chiesa cattolica assumeva il controllo del tempo, come già aveva assunto quello dello spazio, con l’azione missionaria, e dell’arte col mecenatismo dell’età barocca che fece di Roma la città più grandiosa e sontuosa d’Europa.
A tal proposito non è esagerato affermare che, se è vero che il barocco nacque a Roma, non meno nelle ville tuscolane va individuata la sua origine: un vanto non certo di poco conto!
Tutti i geni di questa splendida stagione artistica lasciarono la loro impronta nelle ville tuscolane. Dall’architettura ai cicli pittorici, dalle scenografie agli splendidi”teatri d’acque” ove architettura, scultura, giochi d’acque, perfino musica e natura, si fondevano in irripetibili, superbe sintesi.
La creazione della chiostra di ville tuscolane condizionò l’assetto della città di Frascati. Il baricentro si spostò infatti a monte ove venne tracciata con perfetto impianto “ippodameo” una addizione secentesca, con strade dritte e reticolo ortogonale. Tale spostamento fu sancito ed ufficializzato dalla costruzione di una nuova Cattedrale, a cominciare dal 1598, dedicata a S. Pietro in sostituzione di quella di S. Maria in Vivario immersa tra casette, mura e ruderi romani del vecchio borgo.
L’addizione secentesca fu abitata da un ceto di artigiani, commercianti e piccoli proprietari la cui formazione fu determinata ed incentivata proprio dalla presenza delle ville. A tal proposito si può dire che l’intera Frascati finì con configurarsi come area di servizio delle ville stesse, dalle quali l’abitato era separato da una cortina di muri di cinta entro la quale si aprivano per i frascatani solo un paio di varchi per l’accesso alle alture del Tuscolo. Splendidi portali, prospettanti su piazze che fungevano da cerniera tra il paese e le ville, immettevano in queste e Frascati risultò in posizione nettamente subalterna ad esse come del resto è evidenziato dalle stampe del seicento in cui l’abitato frascatano è riportato in scala inferiore rispetto al giganteggiare delle ville che gli fanno corona tutt’intorno.
La stagione delle ville tuscolane, iniziata nel 1546 con la decana, la Villa Rufina oggi Falconieri, si concluse agli inizi del Settecento. E si trattò di una conclusione spesso triste, fatta di abbandono e degrado protrattasi non di rado assai a lungo. Esauritasi la spinta storica ed ideologica che l’aveva generata, la “dodecapoli”, per così dire, delle ville tuscolane aveva evidentemente perduto la sua iniziale ragion d’essere.
Oggi, sia pure con differenti vocazioni e motivazioni, le ville tuscolane, anche se menomate dalla guerra, hanno ritrovato vitalità e splendore in vista di un ulteriore, nuovo capitolo della loro plurisecolare storia.
scritto da Raimondo Del Nero |
Per la rubrica Beni culturali – Numero 64 luglio 2007