Viaggio a Rocca di Papa
Sapienza perduta per sempre, si dice, nell’evoluzione storica e sociale dell’edificare e dell’abitare. Un fatto è certo: nessuna nuova città o nuovo quartiere eguaglia in bellezza i centri e gli insediamenti storici, dove tutto ha misura, proporzione e senso, anche le costruzioni più modeste o popolari.
Una sorta di magica atmosfera avvolge ancora il cuore delle città antiche, dove una specie di sinfonia accompagna il visitatore con le variazioni sul tema, i diminuendo ed i crescendo, le pause ed i silenzi, fino alla sorpresa di un quadro, di una prospettiva inattesa nel paesaggio urbano, dietro un vicolo o all’aprirsi di una piazza.
Osservando da lontano gli insediamenti storici dei Castelli Romani si riconoscono le tipologie dei profili delle città. Alcuni hanno un andamento lineare, seguono una direttrice, si appoggiano sul terreno, anche se a differenti quote (Frascati, Grottaferrata, Genzano, Nemi), altri invece si aggrappano in alto sui versanti del Vulcano come propaggini della pietra in forma di case a formare grappoli, diramazioni, frange (Rocca di Papa, Rocca Priora, Monte Compatri).
Vista dalla piana di via di Fioranello ad esempio, Rocca di Papa, che appare al di sopra di Marino e Grottaferrata, mostra chiaramente la diversa conformazione urbana e, nell’insieme della veduta più ampia, si notano bene i rapporti tra l’edilizia minore e le emergenze architettoniche e monumentali dei palazzi, delle chiese, abbazie, rocche, campanili.
Si riconoscono ancora, nonostante i forti incrementi dell’edilizia contemporanea, le relazioni intense con l’ambiente naturale e con il paesaggio; sono valori da conservare e salvaguardare con attenzione e scrupolo perché seriamente a rischio.
Per arrivare in cima alla Rocca bisogna salire, salire e riprendere fiato guardando il panorama con il rischio di riperderlo, il fiato.
Da Rocca di Papa infatti si aprono paesaggi straordinari che inquadrano insieme i laghi Albano e di Nemi, il mare, le falde del Vulcano Laziale fino all’immensa distesa di Roma che continua a crescere a ridosso dei Castelli Romani.
C’era l’aria buona a Rocca di Papa, lo sanno tutti. Meta di visite e soggiorni, per questa sua qualità, nei secoli scorsi; passeggiate, il silenzio dei boschi, la bellezza dei luoghi perduti, le tracce di antiche storie e un fresco sapore di aria pulita nel respiro.
Fino alla prima metà del secolo XX il viaggio da Roma era di un certo impegno, ma scegliendo di raggiungere Rocca di Papa con il tram e la funicolare il viaggio sarebbe stato bello ed interessante.
Il servizio su rotaia per raggiungere le cittadine dei Castelli Romani era un esempio molto sensato dell’uso del mezzo pubblico per la mobilità extraurbana; il confronto con oggi fa impallidire i contemporanei. Se solo si fosse mantenuta quella rete, oggi avremmo un invidiabile sistema di trasporto su rotaia, efficienti collegamenti tra i Castelli, meno traffico, meno inquinamento, più spazi a dimensione umana e più aree verdi.
Già nel 1906 fu aperto al pubblico il servizio extraurbano da Roma a Grottaferrata, Frascati, Genzano con una diramazione verso Valle Oscura da cui partiva la prima funicolare per Rocca di Papa poi spostata a Valle Vergine.
“Viaggio a Rocca di Papa”
Lo scrittore Achille Campanile ad un certo punto del romanzo Ma che cosa è quest’amore?, pubblicato in prima edizione il 15 luglio del 1927, interrompe la narrazione a pagina 160. Alcuni protagonisti della storia riposano e per far passare il tempo dell’attesa l’autore inserisce tra un capitolo e l’altro l’intermezzo “Viaggio a Rocca di Papa”. Ventiquattro pagine esilaranti di un progettato viaggio da Roma di A.Campanile e di un amico pittore, i cui preparativi durano dieci anni tra rimandi e ripensamenti alla ricerca di Ferdinando, che alla fine si scoprirà essere partito per Roma, stanco di attendere da anni la visita degli amici, per salutarli a sua volta, mentre questi nello stesso momento hanno a fatica finalmente raggiunto Rocca di Papa. Campanile parla del tram, trascrive gli orari delle partenze mattutine (l’accelerato delle otto e il diretto delle otto e un quarto) e descrive le trasvolate del mezzo sul piano e sulle montagne, lo scomparire ed il riapparire tra valli, praterie e ponti fragorosi: “fulmineo e rombante”.
La funicolare poi deposita l’autore e l’amico Antonio C. in piazza a Rocca di Papa. La salita verso il paese si fa con l’aiuto degli asini racconta Campanile. Per tornare a Roma c’è il diretto delle 6.40 da Grottaferrata o il tram delle 5.00 con due coincidenze: tutti i tram sono “inverosimilmente gremiti”. “Prendiamo posto sotto un sedile. Stanchi ma felici”. (A. Campanile, 1927, Ma che cosa è quest’amore?, pag. 181, Corbaccio, Milano).
scritto da Carlo Testana |